Gennaro D’Auria e la figlia del carcerato

  • Non c’è niente da fare, il Gennaro D’Auria della golden age è sempre qualcosa di impareggiabile, come i Beatles della fase psichedelica o la Moana Pozzi di metà anni ottanta. Lo conferma questo consulto del 1992, prelevato dagli archivi di Raffaele Cozzolino, all’epoca regista a Telegolfo (iscrivetevi subito alla sua pagina Facebook e, se l’avete già fatto, iscrivete anche i vostri fake). Il Sommo Veggente riceve la telefonata di Lucia di Via Teatro, giovane donna in pena perché suo padre è un detenuto in attesa di giudizio. Formidabile la cazzimma sfoderata dal Gennarone, che prima neutralizza il tono lagnoso e vittimistico dell’interlocutrice (“Sto da tre ore vicino al telefono…” “Troppo poco!“), poi le dà una ferale notizia con il sorriso sulle labbra (“Uscirà, non ti preoccupare, ci vogliono solo quattro o cinque anni“. Ma la grandezza di Gennaro D’Auria emerge anche dall’impiego di terminologie surreali (“Fammi decomportare prima la cartomanzia“), di giochi di parole (“Non deve fare l’appello…” “E’ una specie di appellativo“) e dall’uso di termini desueti quanto corretti (“Tuo padre sta serragliato“). Ennesima dimostrazione che le trasmissioni del Maestro rappresentano un formidabile laboratorio di sperimentazione linguistica e che solo i veri ignoranti possono accusare il Gennarone di “parlare male l’italiano“. Magnifica anche la chiusura del consulto, con il trasferimento di particelle da parte di tale Antonio, che da figurante in studio si trasforma in spalla di Gennaro D’Auria e si becca persino un sonoro cazziatone.

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Commenti

  • blutimolo il 21-10-2011 alle 17:42

    grande gennaro un esperimento in contumacia