Da Bach a Michele Gallo

Tutto ebbe inizio con Joan Sebastian Bach, compositore tedesco la cui prolificità non era sempre sinonimo di qualità artistica, che circa trecento anni fa compose un’Aria sulla quarta corda che fu ben accolta dagli estimatori delle donne in carne (il nome in codice della composizione, BWV 1068, richiamava l’acronimo BBW, adoperato nel porno per indicare le ciccione porche). Nel 1967 i Procol Harum, un gruppo ye yè semisconosciuto, ottennero una certa notorietà nell’ambito delle radio locali londinesi grazie un adattamento del pezzo di Bach, rinominato per l’occasione A whiter shade of pale e ispirato alle inconfondibili sonorità di Petula Clark. Qualche anno dopo un paroliere italiano di nome Mogol, noto soprattutto grazie alla collaborazione con Anna Tatangelo (sono suoi gli immortali versi “Ti sembro quasi una farfalla / un giocattolo una palla” che si ascoltano in Essere una donna), tradusse il brano dei Procol Harum in italiano, rinominandolo Senza luce e affidandolo agli oscuri Dik Dik. Stupisce che un musicista affermato come il compianto Michele Gallo abbia voluto eseguire un pezzo così raro e sconosciuto all’interno del prestigioso Caffè Spiritosao, programma presentato da Frank & Giò che andava in onda nel 1989 sulle frequenze di Antenna Vesuvio. L’artista reinterpreta il brano in maniera geniale, con il vociare sovrapposto degli ospiti in studio che rievoca un po’ il Frank Zappa di Joe’s Garage, un po’ certi esperimenti del migliore Brian Wilson. E le tastiere di Gallo sono tutta un’altra cosa, rispetto all’organo Hammond di Matthew Fisher.

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