Roy Parsifal tra Kubrick e Leone

  • Nel cinema la partita a carte è una metafora della vita: i ruoli dei protagonisti si ridefiniscono e l’esito del gioco è spesso determinante nello sviluppo della narrazione. In Ombre rosse i semi di picche nelle mani dell’antagonista di John Wayne rappresentano un presagio di morte; in Barry Lyndon la partita è adoperata per definire il rapporto tra l’eroe e lo Chevalier de Balibari, per scandire le tappe dell’ascesa sociale del protagonista e per raffigurare l’entrata in scena di Lady Lyndon. E che dire dello Scopone Scientifico di Luigi Comencini, dove il tavolo da gioco rappresentava il falso punto d’incontro tra classi sociali diverse ma poi, nel corso del film, finiva per incarnare inevitabilmente un dispositivo di dominio e di sopraffazione? Qualcosa di analogo avveniva nell’Oro di Napoli, dove la partita a scopa tra lo scugnizzo e il barone Vittorio De Sica evocava la possibilità di un riscatto sociale, contraddetto però dall’amaro finale. Le carte sono state strumento di seduzione per Paul Newman e Robert Redford in Butch Cassidy, preludio della resa dei conti in C’era una volta il west, causa di dissensi, di duelli, di amicizie rovinate in infiniti film western. Ora anche un maestro come Roy Parsifal si confronta a modo suo con un topos così diffuso e nobile. Ecco Mi gioco la moglie, apologo morale camuffato da pornazzo che, fin dalle prime inquadrature, si sbarazza volutamente degli orpelli visivi più convenzionali (tavolo tondo verde, lampade soffuse) per concentrarsi in maniera diretta sulla storia, sui corpi e sui personaggi. Tre uomini giocano a briscola intorno a un tavolo di una cucina da discount del mobile, mentre la luce livida del neon stupra i loro volti rigorosamente privi di make-up. Sembrano tutti e tre innocui, le voci e le movenze rammentano quelle di un gruppo di scout che si intrattengono all’oratorio. Due di loro, però, sono spietati strozzini, e dopo aver sconfitto il padrone di casa esigono un riscatto in natura. Tutto il resto è rape without revenge, come negli incubi privi di risveglio.

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    23 Ottobre 2009

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  • Romanticona il 23-10-2009 alle 18:33

    Cucine Berloni?

  • nulleamai il 23-10-2009 alle 19:46

    ma che chiavica di storia e che chiavica di personaggi… E' un regista disturbato…

  • Marco il 23-10-2009 alle 20:06

    se non sbaglio deve avere pure una mamma e una nonna quel tipo dopo glie le fanno chiamare?

  • Lisetta e Vanni il 23-10-2009 alle 21:37

    E dice pure "Si" l' imbecille.

  • Anonymous il 24-10-2009 alle 00:41

    Questa volta la protagonista femminile è scopabile, meno male…

  • the user il 24-10-2009 alle 16:49

    Insaziabili!

  • Ajax il 25-10-2009 alle 11:53

    Abbastanza frocio il cornutazzo.

  • Onan il Barbaro il 25-10-2009 alle 14:16

    Regia sublime, cast da Oscar e location a 5 stelle.

  • Joe Bananas il 26-10-2009 alle 14:27

    nella casa dove vivevo a Milano, avevo la stessa cucina, giuro. Non faceva poi così schifo